C'è l'Eni delle udienze pubbliche e l'Eni vissuta dai lavoratori.
18-03-2016 10:21 - News dal settore
Alla vigilia dell'indagine di clima «Eni secondo te» le evidenti differenze tra quanto dichiarato dall'azienda all'udienza con Papa Francesco e la attuale realtà.
Lo scorso 27 febbraio 2016 esponenti di Confindustria, assieme ad alcuni dipendenti Eni che hanno chiesto di partecipare all'iniziativa, sono stati ricevuti in udienza da Papa Francesco. L'incontro è stato introdotto dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, al quale hanno fatto seguito le parole di Federico Ghizzoni, Amministratore delegato di Unicredit, e quelle di Emma Marcegaglia, presidente dell'Eni. Secondo l'articolo apparso sul sito Agi.it, titolato "Marcegaglia, Eni sul mercato ma da impresa responsabile", la Presidente avrebbe affermato, tra l'altro: "La 'fabbrica' deve essere perciò il primo luogo dove si realizza la creazione di valore economico, ma dove si mantengono vivi e si fanno crescere i valori del lavoro, dell'integrità, del rispetto e della responsabilità nei confronti della persona". "Lo dobbiamo ai nostri figli e alle future generazioni". In prossimità di una nuova indagine di clima promossa dall'azienda con i propri dipendenti («Eni secondo te»), viene subito da pensare alla distanza crescente, un tempo inapprezzabile, tra le dichiarazioni del management Eni e la percezione effettiva dei lavoratori: noi, come lavoratori Eni, non ci riconosciamo nelle dichiarazioni del presidente Eni. Ci chiediamo: quale riscontro effettivo avrebbero le positive affermazioni del presidente, rispetto agli ultimi anni, se il "rispetto della famiglia" non trova applicazione, ad esempio, in una regolazione aggiornata della "permessistica" per i suoi dipendenti, se l'applicazione della norma sulla "maternità facoltativa" è sempre così difficoltosa da interpretare (con penalizzazioni «interpretative» anche nelle buste paga), se i part-time vengono concessi con il contagocce come «graziosa concessione aziendale», se i nidi aziendali (presenti ora solo a Milano) sono stati chiusi, se la 104 è considerata un privilegio da contrastare? Mentre attorno all'Eni si registravano un stato di crisi generale e un'azione di sistematico deperimento dei diritti dei lavoratori da parte dei vari governi, l'Eni ha progressivamente modificato la sua tradizionale, esemplare e virtuosa cultura di impresa, oltre che il suo ruolo guida nel Paese di impresa integrata e diversificata nell'energia la nuova visione supera i tradizionali valori matteiani, pone i lavoratori a capo chino, subalterni e non protagonisti, e prevale nettamente la dimensione del "controllo" rispetto a quella dello "sviluppo" della persona, con trattamenti sempre più distanti dal contratto collettivo nazionale, peraltro scaduto, spesso differenziati e non più sostenuti da un livello di relazioni industriali e sindacali efficace, continuo, dignitoso e affidabile. E' semplice arrivare a questa conclusione, se registriamo: l'aumento delle segnalazioni di casi di demansionamento, con discriminazioni legate all'età il fenomeno degli straordinari non pagati, soprattutto ai più giovani, per i quali è sempre meno agevole conseguire le categorie superiori, senza poter riconoscere criteri e tempi per il diritto al nuovo inquadramento le pressioni e le determinazioni unilaterali delle ferie da parte aziendale, con un «diritto» che si è trasformato in uno strumento di pressione la disponibilità di orario ad libitum richiesta verbalmente ai quadri
una gestione del personale che in troppi casi non valorizza il merito, la centralità delle professionalità, delle competenze e della formazione, piuttosto invece, appunto, l'esasperazione dei controlli dei dipendenti, conclamata da contestazioni non inerenti il rapporto di lavoro e gli obblighi contrattuali (ad esempio, per l'uso «impreciso» dei parcheggi aziendali). In questa visione, i riconoscimenti sono appannaggio discrezionale determinato unilateralmente dal management, senza strumenti chiari, tanto che il Crea (strumento contrattuale per la valutazione dell'apporto professionale) viene considerato superato e verrebbe da chiedersi perché, visto che era e sarebbe fattuale elemento di trasparenza, oltre che impegno contrattuale. Insopportabile conferma di questa (triste) inversione di tendenza, i tagli indifferenziati ai costi aziendali, tanto trascurabili come «efficienza», quanto odiosi e significativi per la diminuzione del «valore» della persona basti pensare alla riduzione del premio di celebrazione per i 25 anni di anzianità Eni, o l tagli relativi alle iniziative welfare (per i soggiorni estivi dei ragazzi, per le iniziative per la salute dei dipendenti, che sta tanto a cuore all'azienda visto che, tornando alla «permessistica» l'assenza per malattia o cure equivale all'assenteismo degli «scansafatiche»). E', d'altra parte, stretta attualità la disattenzione Eni rispetto al contratto nazionale di lavoro anche nel corrente iter di rinnovo, affrontato con RSU scadute visti gli ostacoli ai rinnovi delle rappresentanze con proposte aziendali di verbali irricevibili, con perimetri inventati ad arte per inibire l'aggregazione dei lavoratori, con limitazione della libertà di espressione e comunicazione sindacale attraverso la posta elettronica, con l'invenzione di Comitati cervellotici volti a bypassare le RSU in contrasto con il Testo Unico sulla Rappresentanza senza parlare, peraltro, della sistematicità con cui Eni ha recentemente disatteso, nella sostanza o nei tempi, accordi già siglati o affidamenti notori (protocollo di Gela, premio di partecipazione, ratei sugli scatti di anzianità: tanto per fare degli esempi). Contratto, rappresentanza, welfare, accordi sindacali: non rappresentano forse il «valore della persona»? Accanto alle belle architetture della sala Nervi, in Vaticano, la collega Presidente, inconsapevolmente condizionata dall'augusto consesso presente, si è probabilmente ispirata, nel suo discorso, ai benefits ancora intatti per presidenti, AD, direttori e alti dirigenti, che continuano a percepire stipendi strepitosi, oltre ai famosi incentivi MBO (management by objectives), del tutto scollegati con risultati di bilancio e comunque, è il caso di dire, ben poco.. francescani. Ma non sono questi pochi «la persona», sono piuttosto gli "altri", cioè i dipendenti, comuni mortali, ora senza premio di partecipazione e senza contratto (gli effetti economici dovevano materializzarsi già nello stipendio dello scorso gennaio, mese in cui, puntuali, sono aumentate le tasse regionali e comunali), che vivono in troppe realtà preoccupazioni insopportabili circa il proprio futuro, vedendo leso il sacrosanto Diritto all'Informazione, la cui osservanza sarebbe la prima forma di rispetto per i lavoratori. Che, forse, potrebbero aiutare, con la loro partecipazione, a individuare opzioni di sviluppo e non di dismissione, di innovazione e non di fissità, di creazione di valore con il prezzo del barile più basso: forse.
Fonte: Comitato Iscritti Filctem-Cgil Gruppo Eni Roma
Lo scorso 27 febbraio 2016 esponenti di Confindustria, assieme ad alcuni dipendenti Eni che hanno chiesto di partecipare all'iniziativa, sono stati ricevuti in udienza da Papa Francesco. L'incontro è stato introdotto dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, al quale hanno fatto seguito le parole di Federico Ghizzoni, Amministratore delegato di Unicredit, e quelle di Emma Marcegaglia, presidente dell'Eni. Secondo l'articolo apparso sul sito Agi.it, titolato "Marcegaglia, Eni sul mercato ma da impresa responsabile", la Presidente avrebbe affermato, tra l'altro: "La 'fabbrica' deve essere perciò il primo luogo dove si realizza la creazione di valore economico, ma dove si mantengono vivi e si fanno crescere i valori del lavoro, dell'integrità, del rispetto e della responsabilità nei confronti della persona". "Lo dobbiamo ai nostri figli e alle future generazioni". In prossimità di una nuova indagine di clima promossa dall'azienda con i propri dipendenti («Eni secondo te»), viene subito da pensare alla distanza crescente, un tempo inapprezzabile, tra le dichiarazioni del management Eni e la percezione effettiva dei lavoratori: noi, come lavoratori Eni, non ci riconosciamo nelle dichiarazioni del presidente Eni. Ci chiediamo: quale riscontro effettivo avrebbero le positive affermazioni del presidente, rispetto agli ultimi anni, se il "rispetto della famiglia" non trova applicazione, ad esempio, in una regolazione aggiornata della "permessistica" per i suoi dipendenti, se l'applicazione della norma sulla "maternità facoltativa" è sempre così difficoltosa da interpretare (con penalizzazioni «interpretative» anche nelle buste paga), se i part-time vengono concessi con il contagocce come «graziosa concessione aziendale», se i nidi aziendali (presenti ora solo a Milano) sono stati chiusi, se la 104 è considerata un privilegio da contrastare? Mentre attorno all'Eni si registravano un stato di crisi generale e un'azione di sistematico deperimento dei diritti dei lavoratori da parte dei vari governi, l'Eni ha progressivamente modificato la sua tradizionale, esemplare e virtuosa cultura di impresa, oltre che il suo ruolo guida nel Paese di impresa integrata e diversificata nell'energia la nuova visione supera i tradizionali valori matteiani, pone i lavoratori a capo chino, subalterni e non protagonisti, e prevale nettamente la dimensione del "controllo" rispetto a quella dello "sviluppo" della persona, con trattamenti sempre più distanti dal contratto collettivo nazionale, peraltro scaduto, spesso differenziati e non più sostenuti da un livello di relazioni industriali e sindacali efficace, continuo, dignitoso e affidabile. E' semplice arrivare a questa conclusione, se registriamo: l'aumento delle segnalazioni di casi di demansionamento, con discriminazioni legate all'età il fenomeno degli straordinari non pagati, soprattutto ai più giovani, per i quali è sempre meno agevole conseguire le categorie superiori, senza poter riconoscere criteri e tempi per il diritto al nuovo inquadramento le pressioni e le determinazioni unilaterali delle ferie da parte aziendale, con un «diritto» che si è trasformato in uno strumento di pressione la disponibilità di orario ad libitum richiesta verbalmente ai quadri
una gestione del personale che in troppi casi non valorizza il merito, la centralità delle professionalità, delle competenze e della formazione, piuttosto invece, appunto, l'esasperazione dei controlli dei dipendenti, conclamata da contestazioni non inerenti il rapporto di lavoro e gli obblighi contrattuali (ad esempio, per l'uso «impreciso» dei parcheggi aziendali). In questa visione, i riconoscimenti sono appannaggio discrezionale determinato unilateralmente dal management, senza strumenti chiari, tanto che il Crea (strumento contrattuale per la valutazione dell'apporto professionale) viene considerato superato e verrebbe da chiedersi perché, visto che era e sarebbe fattuale elemento di trasparenza, oltre che impegno contrattuale. Insopportabile conferma di questa (triste) inversione di tendenza, i tagli indifferenziati ai costi aziendali, tanto trascurabili come «efficienza», quanto odiosi e significativi per la diminuzione del «valore» della persona basti pensare alla riduzione del premio di celebrazione per i 25 anni di anzianità Eni, o l tagli relativi alle iniziative welfare (per i soggiorni estivi dei ragazzi, per le iniziative per la salute dei dipendenti, che sta tanto a cuore all'azienda visto che, tornando alla «permessistica» l'assenza per malattia o cure equivale all'assenteismo degli «scansafatiche»). E', d'altra parte, stretta attualità la disattenzione Eni rispetto al contratto nazionale di lavoro anche nel corrente iter di rinnovo, affrontato con RSU scadute visti gli ostacoli ai rinnovi delle rappresentanze con proposte aziendali di verbali irricevibili, con perimetri inventati ad arte per inibire l'aggregazione dei lavoratori, con limitazione della libertà di espressione e comunicazione sindacale attraverso la posta elettronica, con l'invenzione di Comitati cervellotici volti a bypassare le RSU in contrasto con il Testo Unico sulla Rappresentanza senza parlare, peraltro, della sistematicità con cui Eni ha recentemente disatteso, nella sostanza o nei tempi, accordi già siglati o affidamenti notori (protocollo di Gela, premio di partecipazione, ratei sugli scatti di anzianità: tanto per fare degli esempi). Contratto, rappresentanza, welfare, accordi sindacali: non rappresentano forse il «valore della persona»? Accanto alle belle architetture della sala Nervi, in Vaticano, la collega Presidente, inconsapevolmente condizionata dall'augusto consesso presente, si è probabilmente ispirata, nel suo discorso, ai benefits ancora intatti per presidenti, AD, direttori e alti dirigenti, che continuano a percepire stipendi strepitosi, oltre ai famosi incentivi MBO (management by objectives), del tutto scollegati con risultati di bilancio e comunque, è il caso di dire, ben poco.. francescani. Ma non sono questi pochi «la persona», sono piuttosto gli "altri", cioè i dipendenti, comuni mortali, ora senza premio di partecipazione e senza contratto (gli effetti economici dovevano materializzarsi già nello stipendio dello scorso gennaio, mese in cui, puntuali, sono aumentate le tasse regionali e comunali), che vivono in troppe realtà preoccupazioni insopportabili circa il proprio futuro, vedendo leso il sacrosanto Diritto all'Informazione, la cui osservanza sarebbe la prima forma di rispetto per i lavoratori. Che, forse, potrebbero aiutare, con la loro partecipazione, a individuare opzioni di sviluppo e non di dismissione, di innovazione e non di fissità, di creazione di valore con il prezzo del barile più basso: forse.
Fonte: Comitato Iscritti Filctem-Cgil Gruppo Eni Roma